Una spiaggia immersa nella nebbia, un ufficiale con una gamba sola, una suora che galoppa in riva al mare... Tutta la follia che avrebbe potuto esserci nel film, tutta la forza delirante di un soggetto originale (un ufficiale, al termine della guerra 14-18, si ostina ad identificare gli scomparsi, a recensire, persino a fotografare i cadaveri) è racchiusa in queste prime immagini.
Ed invece... Come sempre nel cinema di Tavernier l'impresa è intelligente (riesumare questa contabilità assurda della guerra assurda fra le assurde), l'approccio è raffinato (la scenografia, l'ambientazione nelle lande desolate dell'inverno del nord, il fango, le rovine, le baracche, la fabbrica siderurgica quasi intatta), gli attori ben diretti ed altamente professionali.
Ma in questa vicenda un po' tortuosamente intellettuale (i risvolti della sceneggiatura sono studiati come in un tema di fine-studio, con le coincidenze che capitano proprio per caso) non si è mai sorpresi, mai veramente commossi (poiché l'identificazione con i personaggi è difficile). Il film è saggio e colto, ma lungo. Con i tempi morti, il montaggio stranamente laborioso, la credibilità dubbia (Noiret che continua a ritornare di persona nel tunnel della morte, lui ufficiale che potrebbe benissimo farsi sostituire da un subalterno, una volta esaurita la necessità di farsi bello agli occhi della bella Azéma...).
Il film è originale (l'immediato dopoguerra, raramente descritto) e banale al tempo stesso: mai sufficientemente comico (la ricerca del soldato ignoto), mai sufficientemente ambiguo o crudele.